PESARO. LOGGIA MASSONICA “UNGHERIA”.PROCESSO FARSA E NULLO. TESTIMONI NON AMMESSI, RINVII PER MOTIVI DI SALUTE NEGATI, NESSUNA PERIZIA PSICHIATRICA SUL PAZIENTE VLADIMIR FATTORI. PROCURA E TRIBUNALE DI PESARO INCASTRATI DA UN MEDICO SPECIALISTA
MAGISTRATI, FORZE DELL’ORDINE E LORO FAMILIARI ERANO STATI IN CURA DAL MILITARE E MEDICO PSICHIATRA: L’ORDINE DELLA LOGGIA MASSONICA “UNGHERIA” GUIDATA DAL GIUDICE MAURIZIO DI PALMA E DEL PM GIOVANNI FABRIZIO NARBONE: “IL MEDICO VA PERSEGUITATO E CONDANNATO PRIMA POSSIBILE ALTRIMENTI…”.
SENTENZA DI NULLITA’ DELLA CORTE D’APPELLO DI ANCONA E PROCESSO PILOTATO A PESARO: COINVOLTI IL GIUDICE MAURIZIO DI PALMA E IL PM GIOVANNI FABRIZIO NARBONE A PILOTARE SENTENZE E PROCESSI
La moglie del Giudice Maurizio Di Palma e quella del PM Giovanni Fabrizio Narbone erano state in cura dal medico e avrebbero rivelato cose scottanti sui mariti.
Sentenza nulla e “confezionata” quella emessa dal Tribunale di Pesaro: l’ombra della Loggia Massonica “Ungheria” che coinvolge il Giudice Maurizio di Palma, ricusato, accusato di corruzione, frode processuale e depistaggio e associazione segreta con il PM Giovanni Fabrizio Narbone. La loggia ordina e il Giudice va a sentenza contro lo psichiatra non potendolo fare. Il Caso alla Corte di Cassazione.
Il Giudice Maurizio Di Palma ha pianificato con il Pm Giovanni Fabrizio Narbone l’iter processuale e come incastrare il medico specialista.
Le mogli del Giudice Maurizio di Palma, Rossella Pagnanelli, e del PM Giovanni Fabrizio Narbone, Barbara Antonietta D’Agostino, erano state in cura dallo psichiatra. Coinvolto anche il procuratore capo di Pesaro Cristina Tedeschini che ha tenuto nascosta per quasi 15 mesi la denuncia contro il poliziotto Gabriele Bonazza e il Presidente del Tribunale Giuseppe Luigi Fanuli
luglio 2021-aggiornamento febbraio 2022
L’Italia é sempre più il Paese delle vergogne e quanto successo a Pesaro é gravissimo, al punto che la difesa rappresentata dall’Avvocato Debora Zagami del Foro di Roma rinuncia a discutere e non chiede l’assoluzione. Sentenza nulla e Reati gravissimi quelli contestati al Giudice Maurizio Di Palma che ha pilotato e concordato sotto banco il processo con il PM Fabrizio Giovanni Narbone per incastrare il militare e medico.
Appare evidente che a Pesaro regni una loggia massonica vera e propria che altro non è che una succursale di quella nota come “Loggia Massonica Ungheria”. A Pesaro i due coordinatori la loggia sono il Presidente del Tribunale di Pesaro, Giuseppe Luigi Fanuli, e il Procuratore Cristina Tedeschini, già intercettata nel caso Palamara.
Ma i fatti sono veramente inquietanti. Il Giudice Maurizio Di Palma aveva pendente una istanza di ricusazione in mano alla Corte di Cassazione e come prevede la legge non poteva emettere sentenza, ma il 22 luglio ha emesso sentenza di condanna, pur sapendo che sarà sottoposto a processo penale e procedimento disciplinare, in quanto la sua compagna é stata ex paziente del medico.
La Procura a sorpresa scopre che il medico é colonnello, ora Generale, Ufficiale in Comando del Nucleo di Guerra Psicologica dell’Agenzia di Intelligence Britannica assegnato ad un Nucleo Interforze di un’Organizzazione sovranazionale , che da anni lavora nel nucleo di guerra psicologica e nel rimpatrio di siriani chiedenti asilo politico.
Per la Procura e il Tribunale di Pesaro una grande e preoccupante scoperta, tanto da preoccupare anche i Giudici Maurizio di Palma e Franco Tetto e lo sprovveduto Pm Giovanni Fabrizio Narbone, cioé gli appartenenti alla Loggia.
I fatti. Il giovane Vladimir Fattori, paziente affetto da patologia mentale esattamente disturbo borderline della personalità aveva tentato di estorcere soldi al proprio medico tali minacce risultano dai messaggi Whatsapp inviati dal paziente allo psichiatra e depositati in atti dalla difesa . Questi fatti hanno portarono Vladimir Fattori a parlare di notte e di giorno con l’amico di famiglia e agenti di polizia giudiziaria Gabriele Bonazza, circa 152 telefonate per mesi prima della denuncia, sul telefono di servizio alla Polizia di Stato e in uso a tale Bonazza.
Il processo é stato corrotto e pilotato fin dall’inizio, corrotto da omissioni e atti illegali da parte del PM Fabrizio Giovanni Narbone, con il benestare del PM Cristina Tedeschini. La Procura ha tra i fatti principali, dolosamente commesso, omesso e nascosto:
-archiviato le 15 denunce presentate dallo psichiatra senza fare alcuna indagine;
- la perizia psichiatrica, atta, come noto, a valutare l’attendibilità del testimone, il quale come detto, è un paziente psichiatrico, tra l’altro affetto da grave disturbo borderline della personalità, come emerge dagli atti.
- i messaggi whatsapp estorsivi del paziente Valdimir Fattori;
-le 152 telefonate intercorse tra Vladimir Fattori e il poliziotto Gabriele Bonazza;
-non iscrivere tra le notizie di reato per più di 1 anno la denuncia presentata da parte del medico, per poi iscriverla quando la difesa del professore, Avvocato Debora Zagami, ha chiesto di verificare se il procedimento fosse stato iscritto (di questo dovrà rispondere il Procuratore capo Cristina Tedeschini);
-non citare tra i testimoni il poliziotto Gabriele Bonazza.
-incastrare il medico con una richiesta di perquisizione mascherata da una notifica, che hanno costretto il medico a 4 mesi di carcere e poi assolto con formula piena ( il PM Giovanni Fabrizio Narbone ha 3 procedimenti penali per questo)
-fare condurre le indagini solo ed esclusivamente agli amici e colleghi del poliziotto Gabriele Bonazza, cioé Maria Cristina Armini e Cristina Battistelli;
La sola ed unica ‘prova’ a sostegno dell’accusa sarebbe stata quindi questa imbarazzante dichiarazione del paziente psichiatrico, fatta per tutelarsi dalle possibili denunce dello psichiatra per estorsione. Null’altro.
Oltre alle vergognose e deprecabili condotte della Procura di Pesaro, Il Tribunale Collegiale, presidente giudice Maurizio Di Palma, accusato di corruzione, associazione segreta e frode processuale, ha fatto atti illeciti, omesso atti come di seguito:
non ha chiesto la perizia psichiatrica su Vladimir Fattori, a fronte della consulenza del neuropsichiatra Ugo Sabatello;
ha eliminato 3 testimoni chiave della difesa tra cui il prof Aristotele Hadjichristos, psichiatra, che ha avuto in cura anch’egli Vladimir Fattori e la guardia del corpo del medico;
ha rigettato qualunque certificazione medica del Generale Medico , inclusa quella di ricovero in terapia intensiva, non rinviando 7, diciamo 7 udienze, malgrado le condizioni del medico per l’ingiusta detenzione;
ha rigettato la certificazione medica dell’Avvocato Debora Zagami, difensore del medico militare, malgrado una frattura pluriscomposta e impossibilitata a viaggiare da Roma;
su disposizione del presidente Giuseppe Luigi Fanuli sono stati conservati tutti gli atti computi malgrado i cambiamenti continui dei giudici e l’astensione del giudice avvocato Massimiliano Ricci, ex paziente psichiatrico del Generale Medico
Il processo completamente pilotato per andare a sentenza prima possibile è stato ulteriormente viziato da innumerevoli reati, abusi e lesioni dei diritti fondamentali sanciti dalla costituzione, dell’uomo e dei diritti di difesa dell’ufficiale medico, il quale non riusciva a trovare giustificazione di tale accanimento.
Sul presidente del Tribunale di Pesaro Giuseppe Luigi Fanuli sono pendenti numerose indagini, proprio per chiarire il suo ruolo all’interno di questa vicenda.
IL MEDICO va fermato! PERCHE’?
Per tali ragioni, non spiegandosi questo comportamento fuori da ogni regola e schema processuale, il medico, delegava ad indagini difensive il proprio commercialista e notaio in britannico a ricostruire eventuali rapporti con familiari di pubblici ministeri e giudici di Pesaro e investigatori privati. I risultati sono stati inquietanti:
1- I magistrati di Pesaro Cristina Tedeschini, Giovanni Fabrizio Narbone, Maurizio di Palma, Giuseppe Luigi Fanuli, Franco Tetto e altri fanno parte della loggia massonica segreta “Ungheria”, a cui aderiscono anche numerosi avvocati pesaresi e appartenenti alle forze dell’ordine oltre all’imprenditore Sergio Fattori, padre adottivo di Vladimir Fattori.
2- Dall’estrazione delle fatture sono emersi tutti i rapporti medico-paziente tra il medico e i vari magistrati, sia requirenti che giudicanti, e parenti stretti degli stessi del Tribunale di Pesaro, per le più disparate patologie psichiatriche, tra cui:
sono emersi:
- i rapporti tra lo psichiatra e la compagna del Giudice Maurizio Di Palma, Rossella Pagnanelli, ex paziente dello psichiatra, che lavora anch’essa al Tribunale di Pesaro,
- i rapporti tra lo psichiatra e la moglie del PM Giovanni Fabrizio Narbone, Barbara Antonietta D’Agostino, ex paziente dello psichiatra, originaria di Benevento, che guarda caso lavora anch’essa al Tribunale di Pesaro, come da fatture notarizzate e autenticate.
Ma al peggio non c’é mai fine: l’Ufficiale Medico “andava fermato dagli appartenenti alla Loggia Massonica Ungheria”, perchè depositario delle verità su cosa accade in alcune Procure e Tribunali come quelli di Pesaro, per esempio su come il Pm Giovanni Fabrizio Narbone e il pm Cristina Tedeschini sempre di Pesaro instaurino, procedimenti e processi dal nulla, in quanto rischiano di chiudere, per carenza, bontà loro, di attività e non hanno nulla da fare dalla mattina alla sera, allora, tra un caffè e l’altro, inventano processi così risultano produttivi agli occhi del Ministero con la connivenza del Presidente del Tribunale Luigi Giuseppe Fanuli e di Giudici corrotti come Maurizio di Palma e Franco Tetto.
Ma il PM di Pesaro Giovanni Fabrizio Narbone, ora sotto inchiesta alla Procura di L’Aquila, in concorso con il Giudice Maurizio di Palma e Franco Tetto, e gli agenti di Pg Maria Cristina Armini e Cristina Battistelli, ordina per un’apparente notifica l’intercettazione telefonica del telefono del Generale, e organizza l’arresto del Generale , ora libero e assolto, con il PM Alessandro Macaluso e il Maresciallo Roberto Chilla di Termini Imerese. Di seguito i dettagli della vicenda.
LA LOGGIA MASSONICA DA PESARO A TERMINI IMERESE (clicca sotto)
L’Ufficiale ancora , quale criminologo, ha investigato su come processi e sentenze vengano pilotate, per salvaguardare il sistema clientelare delle logge.
L’Ufficiale Medico, che ha collaborato e ha stretto rapporto di amicizia nell’antiterrorismo con l’ex Procuratore Generale di Catania Gianni Tinebra, già Procuratore Capo a Caltanissetta e l’ex Procuratore Capo di Modena Paolo Giovagnoli, già Procuratore Capo a Rimini, ha partecipato a numerose rivelazioni sugli scandali dell’immigrazione in Italia che vedrebbero coinvolti numerosi appartenenti alla loggia massonica in questione, tra cui magistrati deviati, attraverso la concessione di asili politici e appalti pubblici.
Alla luce di tali imbarazzanti rivelazioni, si è cominciata a gettare luce su questa vergognosa e orrenda vicenda giudiziaria, essendo ora sotto indagine l’intero ufficio giudiziario.
Sta ora ad altre Procure, quella Generale presso la Corte di Cassazione e al Ministro della Giustizia esperire le dovute indagini in questa triste pagina della malagiustizia Pesarese. Non resta che attendere che la giustizia faccia il suo giusto corso e che venga risanato il buon nome della Magistratura Italiana. Nel frattempo il medico sta procedendo per le vie legali e chiesto misure interdittive e di custodia cautelare verso i colpevoli di questo calvario giudiziario, una vera e propria associazione a delinquere che pilota i processi, magistrati corrotti che infangano il nome della magistratura, pilotando nomine e processi attraverso l’organizzazione in associazione segreta.
Intanto la Corte Europea e L’Agenzia di Sicurezza Nazionale stanno procedendo nelle loro valutazioni.
La giustizia italiana è farsesca. La Corte Europea dei Diritti Umani Condanna l’Italia sul caso Amanda Knox.
Dopo i fatti di Perugia i gentlemen del Times di Londra nel loro fondo principale hanno definito il sistema giudiziario italiano “farsesco” e “deficitario”, “corrotto e criminale”, assolutamente non è garantista un sistema giudiziario come quello italiano.
Il caso di Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Meredith Kercher e ora Stefano Cuicchi, testimoniano un sistema giudiziario fatto da magistrati e poliziotti che si coprono, insabbiano, non vanno a fondo ma coprono le malefatte di un sistema fallimentare.
La Corte europea ha ritenuto che Amanda Knox "non ha beneficiato di un'indagine capace di far luce sui fatti e su ogni responsabilità . La condanna è avvenuta per l’assenza di legali, di interpreti e di un trattamento dignitoso durante un interrogatorio che la polizia fece a Knox il 6 novembre 2007 dopo l’omicidio di Kercher. La corte ha stabilito che l’Italia violò il diritto alla difesa durante l’interrogatorio e non ha riconosciuto prove di maltrattamenti.
Il processo a Knox si concluse nel 2015 con l’assoluzione in Cassazione per Knox e Raffaele Sollecito, l’altra persona accusata dell’omicidio.
"E' una grandissima gioia", ha commentato la notizia Amanda Knox in diretta Skype col suo avvocato Carlo Dalla Vedova. "Ci attendiamo una pronuncia positiva anche per l'istanza che abbiamo presentato per il nostro assistito Raffaele Sollecito", ha invece dichiarato il difensore di Raffaele Sollecito, Luca Maori.
E che succede a Pesaro? Pubblici Ministeri e Poliziotti di Pesaro depistano, omettono le indagini sul proprio consulente informatico che ha testimoniato il falso.
Quale è la differenza tra la malavita organizzata e questo tipo di giustizia in Italia? Nessuna: entrambe sono vere e proprie organizzazioni criminali, dice con forza l’avvocato Bremner dagli Stati Uniti, che continua: …inevitabile risultato dei concorsi pubblici fatti di quelle che in Italia chiamano raccomandazioni e che da noi è corruzione…mi citi l’esempio di un magistrato o di un poliziotto che in Italia sia entrato per meriti…o per concorsi esterni. In Italia i poliziotti avanzano di carriera per concorsi interni! E’ anche l’abominevole risultato di inserire il modello anglosassone nel codice di procedura italiano: il pubblico ministero dopo la riforma del codice penale doveva non essere più magistrato ,ma un avvocato dell’accusa.
"A PESARO LA FARSA CONTINUA E LA PAROLA D’ORDINE E’ PROCURA NOSTRA. OMERTA’ PER COPRIRE IL FALSO INGEGNERE GIUSEPPE DEZZANI", SMASCHERATO DA PSICHIATRA E URSULA FRANCO.
INTANTO A PESARO INDAGATI UN ALTRO PM,ONORARIO, E UN AGENTE DI POLIZIA IN ALTRA INCHIESTA AD ANCONA.
IL NUMERO DI PUBBLICI MINISTERI SOTTO ACCUSA SEMPRE IN AUMENTO.
La malagiustizia è peggio della mafia: abusi, depistaggi e insabbiamenti per coprire magistrati e poliziotti incapaci e corrotti. Stefano Cucchi non è l’unico caso in Italia: oltre i casi di Amanda Knox, Olindo Romano e Rosa Bazzi, magistrati e polizia di Pesaro, costruiscono casi ad hoc, omettono indagini, coprono i colleghi e coprono un falso consulente informatico e i Pm di L'Aquila provano a salvare i colleghi. Il Giudice Edoardo Mori aveva ben descritto la situazione dei periti in Italia.
Il caso: psichiatra e Ursula Franco smascherano il falso ingegnere Giuseppe Dezzani e le coperture degne di una storia di mafia ….
I PM di Pesaro Maria Letizia Fucci e Fabrizio Giovanni Narbone omettono di indagare Giuseppe Dezzani , con la copertura degli agenti di Pg Maria Cristina Armini, Cristina Battistelli, Antonio De Falco e Christian Spasaro. Ma alla farsa non c’è mai fine: scrive l’agente di Pg Antonio De Falco: “…Dezzani dovrebbe (‘senza un briciolo di indagine’) possedere un titolo accademico per averlo conseguito laureandosi in una università straniera…”.
Sotto le indagini della Guardia di Finanza di L’Aquila sulle false attestazioni fatte da anni dal falso ingegnere.
Intanto nuove denunce depositate contro Pm e Pg di Pesaro.
Pesaro. Il consulente informatico Giuseppe Dezzani viene incaricato dadue Pubblici Ministeri di Pesaro, Maria Letizia Fucci e Fabrizio Giovanni Narbone, di eseguire accertamenti non ripetibili su dispositivi del medico. Il medico, insospettito da tutta la vicenda che lo coinvolge, comincia a indagare su Giuseppe Dezzani, dapprima attraverso la propria agenzia investigativa in Uk e poi attraverso una denuncia alla Procura di Pesaro e di L’Aquila.
La scoperta è raccapricciante. Giuseppe Dezzani è diplomato presso l’Istituto geometra, ma non si è mai iscritto all’albo dei Geometri, non si è mai laureato, non ha mai fatto esperienze lavorative maturate in ambito informatico se non quella di negozi di computer con la moglie e la gestione di società per la vendita degli stessi.
Eppure nel sito internet pubblicizza di avere maturato esperienza presso il Genio Militare, dove ha fatto l’AUC e null’altro, non è iscritto a nessuna seconda università per il conseguimento di una seconda laurea, dato che non ha la prima e non puo’ avere fatto un Master in informatica in quanto non ha nessuna laurea (vedi sotto curriculum Dezzani).
Le conferme al criminologo arrivano presto dalla Guardia di Finanza di L’Aquila che oltre a confermare le indagini del criminologo scopre che Giuseppe Dezzani ha fatto false attestazioni per iscriversi all'Albo dei Periti del Tribunale di Torino, attestando falsamente titoli ed esperienze professionali. Lo stesso Giuseppe Dezzani ha attestato falsamente di essere dottore, al momento del conferimento dell'incarico alla Procura di Pesaro. In seguito alla denuncia dello psichiatra, la Guardia di Finanza di L'Aquila accerta, come da documenti pubblicati DI SEGUITO, che Dezzani è un fake (vedi foto sotto riportanti atti di indagini dell Guardia di Finanza).
I Pubblici Ministeri di Pesaro Maria Letizia Fucci e Fabrizio Giovanni Narbone, il Gip Lorena Mussoni e gli agenti di Polizia Giudiziaria Maria Cristina Armini, Cristina Battistelli, Christian Spasaro e Antonio De Falco,vengono a conoscenza della raccapriccinate situazione del Dezzani e pur essendo a conoscenza delle false attestazioni del Dezzani omettono di denunciarlo e destituirlo, anzi si servono del falso consulente appellandolo dottore (vedi sotto).
Ma non finisce qui. Il Pm di L’Aquila Roberta D’Avolio titolare dell’inchiesta su Giuseppe Dezzani, malgrado le indagini evidenzino false attestazioni e truffa ai danni dello Stato, chiede l’archiviazione in quanto per svolgere l’attività di informatico non serve la laurea. Ma il punto non è la laurea ma che una persona per anni si sia spacciata per dottore e ingegnere in Procure e Atenei e si sia presentato a tutti come laureato e dottore, iscritto all’albo dei periti falsando le carte.
Quindi un truffatore come Giuseppe Dezzani, che:
1. si è spacciato per dottore e ingegnere;
2. si è dichiarato tale in processi e incarichi peritali;
3. si è fatto liquidare con tanto di titoli riportati nelle fatture;
4.si è iscritto fraudolentemente ad un Albo di un Tribunale;
5. ha fatto esperienza sulla pelle delle persone, molte in carcere,
non ha commesso reati con la copertura dei PM di Pesaro Maria Letizia Fucci e Fabrizio Giovanni Narbone, del PM Roberta D’Avolio e il Gip Mario Cervellino di L’Aquila, che archivia e degli agenti di Pg Cristina Battistelli, Maria Cristina Armini, Christian Spasaro e Antonio De Falco.
Ma da nostre risultanze stanno arrivando da tutta Italia denunce contro Giuseppe Dezzani e gli amici di Procure e Tribunali che lo coprono e hanno coperto e di cui lo stesso Giuseppe Dezzani vanta la solidarietà ricevuta.
Intanto a Bergamo il Pm Ruggeri ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio di Ezio Denti, amico del Dezzani, per avere falsamente attestato lauree inesistenti.
Si preparano tempi duri, comunque per i Pm di Pesaro e L’Aquila e gli agenti di Pg coinvolti. Stanno arrivando denunce in più Procure e, dopo l’opposizione alla archiviazione, se avviene l’archiviazione si va direttamente in Europa alla Corte Europea.
Il medico ha già depositato numerosi ricorsi alla Corte Europea insieme ad altre persone.
"Il modo di agire fraudolento e ingannevole di Giuseppe Dezzani, per anni, va punito e perseguito ed è indicativo dell’attività di un criminale abituale, che ha periziato tante persone mandandole in carcere, senza rimorso. Ma la copertura dei Pm di Pesaro Fucci e Narbone, della D’Avolio di L’Aquila, del Gip aquilano e degli agenti di Pg di Pesaro, coinvolti, rivela un sistema omertoso e malavitoso, identico alla organizzazione mafiosa e non lontana dalle peggiori organizzazioni a delinquere. Vanno puniti e destituiti in modo esemplare. L'Italia deve farsi carico di questa ulteriore incombenza. In altri Paesi automaticamente tutti i casi seguiti da tale Giuseppe Dezzani sarebbero stati revisionati, ma l'anomalia giudiziaria italiana, anche stavolta, non esita a manifestarsi in tutta la sua tragicità...il fatto che i due PM di Pesaro si occupino delle indagini dell'omicidio del fratello del pentito Bruzzese, francamente mi lascia tutt'altro che tranquilla.".
Dichiarazione di un magistrato della Corte Europea che, per adesso, intende rimanere anonimo.
Qui sotto di seguito la inquietante" fattura intestata al Pubblico Ministero di Pesaro Maria Letizia Fucci in cui il Sig. Giuseppe Dezzani si qualifica come Dr e che come lavoro svolge un nuovo lavoro quello di "Consulente Tecnico del Giudice"! A sinistra l’incarico peritale conferito dal PM Fucci a Dezzani, insieme agli agenti di Pg Cristina Battistelli e Maria Cristina Armini, che non lo rimuovono né denunciano. In compenso denunciati il Pm Narbone e il PM Fucci per omessa denuncia e abuso d'ufficio. Magistrati così in altri Stati sarebbero stati destituiti immediatamente. Ed ecco gli stralci delle indagini della Guardia di Finanza che confermano che lo psichiatra avesse ragione.
“Basta inserire su google le parole Università di Torino Giuseppe Dezzani e compaiono centinaia di links dove Dezzani ha relazionato come dottore. Sconvolgente! Anche come correlatore all'Università di Torino, quella in cui non si è mai laureato”.
Qui torna ad essere dottore, febbario 2017
La Giustizia all'Italiana
Giuseppe Dezzani, chiamato dottore e ingegnere dalle Procure, il consulente tecnico che ha eseguito le perizie informatiche sul computer e cellulari di più di 3000’ persone, a suo dire, , non ha alcun titolo accademico né esperienza lavorativa se non quella da autodidatta fatta sulla pelle delle persone.
“Dovranno essere revisionati tutti i processi in cui ha avuto un incarico come perito per Procura e Tribunali”.
I CONSULENTI DISONESTI SONO RESPONSABILI DEGLI ERRORI GIUDIZIARI
di Ursula Franco
Basta comunque cercare nel web Giuseppe Dezzani.
“Qui a sinistra una locandina in cui Dezzani, stavolta Ingegnere, relaziona con il Procuratore di Torino. Sopra invece il Dezzani é correlatore ed è dottore”
I CONSULENTI MILLANTATORI: CHI SONO E PERCHE' LO FANNO
di Ursula Franco
Lo scrittore italiano Stefano Livadiotti, sembra ben descrivere la situazione capitata a Pesaro, anche se stavolta gli intoccabili magistrati & co., non possono dormire molto tranquilli, soprattutto dopo lo show mostrato a Perugia nel caso della povera Meredith, Lo scrittore Livadiotti nel suo libro " Magistrati. L'Ultracasta" afferma che quella dei giudici e dei pubblici ministeri è la madre di tutte le caste. Uno stato nello stato, governato da fazioni che si spartiscono le poltrone in base a una ferrea logica lottizzatoria e riescono a dettare l'agenda alla politica. Un formidabile apparato di potere che, sventolando spesso a sproposito il sacrosanto vessillo dell'indipendenza, e facendo leva sull'immagine dei tanti magistrati-eroi, è riuscito a blindare la cittadella della giustizia, bandendo ogni forma di meritocrazia e conquistando per i propri associati un carnevale di privilegi. Per la prima volta, cifra per cifra, tutta la scomoda verità sui 9.116 uomini che controllano l'Italia: gli scandalosi meccanismi di carriera, gli stipendi fino all'ultimo centesimo, i ricchi incarichi extragiudiziari, le pensioni d'oro, la scala mobile su misura, gli orari di lavoro, l'incredibile monte-ferie, i benefit dei consiglieri del Csm. E, parola per parola, le segretissime sentenze-burla della Sezione disciplinare.
Per concludere almeno per ora riportiamo quanto scritto in un giornale di Cosenza, Iacchité,
"...Diciamolo chiaro, anche perché non sentirete mai nessun magistrato dirlo: uno dei problemi principali della nostra mancata crescita e del mancato sviluppo dei nostri territori è la corruzione dilagante nelle nostre procure....Per un magistrato onesto, ce ne sono 10 corrotti. In questo stato non è possibile parlare di niente. Men che meno di lotta alla corruzione politica/massonica/mafiosa e di cambiamenti vari. Che risultano solo retorica. Perché sono i magistrati i primi a non voler fare chiarezza. Anche quelli onesti. Perciò da noi denunciare il malaffare non serve a niente. Anzi, a denunciare la corruzione corri il rischio di finire male....Cioè, prima di fare il magistrato bisogna accertarsi se l’individuo è in grado di intendere e volere. Se è completamente nel pieno possesso delle sue facoltà mentali...ma per i magistrati vige l'omertà di casta...
Se sei uno che dà fastidio al loro operato, possono farti minacciare da malandrini di strada, e quando questo non funziona, possono sempre inventarsi una bella inchiesta farlocca con tanto di testimoni e pentiti, che, imboccati, raccontano storie fantastiche sulla tua persona.
Chi ci garantisce che nel loro operato i magistrati sono sempre onesti ed imparziali? Nessuno! Dobbiamo fidarci. Dobbiamo dare per scontato che tutti i giudici sono bravi e onesti. Anche perché la nobiltà di questo antico mestiere non permette la messa in discussione di queste qualità che sono da ritenersi innate in tutti gli appartenenti a questa casta. ...l'unico interesse del magistrato corrotto è quello di coprire eventuali politici, colleghi magistrati, e servitori dello stato infedeli beccati, da intercettazioni o inchiodati da dichiarazioni, con le mani nella marmellata...Secondo i magistrati, Tutti i magistrati nascono con il dono divino dell’onestà..." (da Iacchité)...e a Perugia di poliziotti corrotti, pm fuori di testa e giudici da fare accapponare la pelle ne abbiamo visti...!
Intervista di Stefano Lorenzetto al Giudice Edoardo Mori su, E il giudice si tolse la toga "Non sopportavo più l'idiozia di troppi colleghi", il Giornale, 18 settembre 2011
Le forze dell'ordine considerano delinquenti tutti gli indagati, i cittadini sono trattati alla stregua di pezze da piedi, spesso gli interrogatori degenerano in violenza. Il Pm gioca a fare il commissario e non si preoccupa di garantire i diritti dell'inquisito. E il Gip pensa che sia suo dovere sostenere l'azione del Pm.
[«Perché ha fatto il magistrato?»] Per laurearmi in fretta, visto che in casa non c'era da scialare. Fin da bambino me la cavavo un po' in tutto, perciò mi sarei potuto dedicare a qualsiasi altra cosa: chimica, scienze naturali e forestali, matematica, lingue antiche. Già da pretore mi documentavo sui testi forensi tedeschi e statunitensi e applicavo regole che nessuno capiva. Be', no, a dire il vero uno che le capiva c'era: Giovanni Falcone.
Le manette sono diventate un moderno strumento di tortura per acquisire prove che mancano e per costringere a parlare chi, per legge, avrebbe invece diritto a tacere.
In Italia non esiste un testo che insegni come si conduce un interrogatorio. La regola fondamentale è che chi interroga non ponga mai domande che anticipino le risposte o che lascino intendere ciò che è noto al pubblico ministero o che forniscano all'arrestato dettagli sulle indagini. Guai se il magistrato fa una domanda lunga a cui l'inquisito deve rispondere con un sì o con un no.
[«Come mai la giustizia s'è ridotta così?»] Perché, anziché cercare la prova logica, si preferiscono le tesi fantasiose, precostituite. Le statistiche dimostrano invece che nella quasi totalità dei casi un delitto è banale e che è assurdo andare in cerca di soluzioni da romanzo giallo. Lei ricorderà senz'altro il rasoio di Occam [...].
I giudici si affidano ai laboratori istituzionali e ne accettano in modo acritico i responsi. Nei rari casi in cui l'indagato può pagarsi un avvocato e un buon perito, l'esperienza dimostra che l'accertamento iniziale era sbagliato. I medici i loro errori li nascondono sottoterra, i giudici in galera.
Meredith Kercher: vittima della giustizia italiana
Amanda Knox: vittima della giustizia italiana
Malagiustizia e abuso del processo
Il primo presidente della Corte di Cassazione ha inaugurato l’anno giudiziario. Uno sfoggio di ermellini e l’ennesimo grido di dolore che si sente da anni: così non va!
L’Italia è il paese che per la malagiustizia si trova in fondo alla classifica mondiale, tanto per i tempi quanto per la qualità della giustizia erogata.
Più che inaugurazione ieri è stato così celebrato l’ennesimo funeral party. Non c’è nulla da celebrare. Nell’occasione non si è dato spazio all’autocritica. Parrebbe difatti tutta colpa del legislatore o dell’ahttp://www.ivg.it/2014/01/malagiustizia-italia-22300-errori-giudiziari-accertati-mezzo-miliardo-euro-indennizzi-versati/mministrazione carente di risorse economiche. Ancor di più da anni si addossa la colpa della malagiustizia all’”abuso del processo” e su tale versante, in particolare all’avvocatura.
Il seme della grave disinformazione si è oramai annidato nell’opinione pubblica: ci sono troppi avvocati, ergo si litiga troppo perché incentivati al contenzioso dagli stessi. L’equazione è quindi “tanti avvocati/tante cause”. Ieri si è pure imputato il dissesto al ricorso eccessivo a 3 gradi di giudizio, giustificabile solo per le cause più importanti.
Cerchiamo di fare chiarezza, con onestà. La situazione è gravissima, perché la “giustizia” sorregge, e ne è la struttura portante, lo Stato di diritto, la democrazia e dunque il sofisticato meccanismo di efficienza della tutela dei diritti. Senza un buon sistema giustizia v’è dunque un simulacro, uno scheletro, un alone di tutto ciò. Inoltre, indissolubilmente, ciò è legato all’economia del Paese intero. Senza giustizia l’economia non solo non cresce ma decresce, perché si incrina e smarrisce la fiducia “economica” (negli investimenti, nella tutela di un credito, nella tutela dei diritti patrimoniali etc.).
Per tali motivi la riforma della giustizia avrebbe dovuto essere una priorità di questo governo. Altro che le farlocche liberalizzazioni alla Monty Python! Invece tale priorità non compare nell’agenda ma anzi il Guardasigilli (che appunto li guarda ma non li tocca…) ritiene prioritario svuotare le carceri.
Quali le cause della malagiustizia? Chi la frequenta quotidianamente, le vive sulla propria pelle, le critica costantemente e in modo propositivo, conosce bene i motivi.
Il primo è la pessima amministrazione della giustizia. La giustizia non può essere amministrata da giudici che nulla sanno di governante. Quei pochi giudici che l’hanno saputo fare con eccellenti capacità (tra i pochi esempi, Barbuto a Torino) ha dato il nome appunto ad un modello di efficienza (c.d. Barbuto), dimostrando che avere una giustizia celere e di qualità è possibile. Sarebbe interessante sapere perché non sia stato chiamato al Ministero della Giustizia, ad insegnare a tutti come si governano i tribunali.
Il secondo, anche conseguente al primo, è selezionare i pubblici ministeri, separarli dai giudici e rendere efficienti i giudici. Chi frequenta le aule di giustizia sa bene che nel civile i giudici tengono udienza 3 volte a settimana (perché?), spariscono alle 12,30/13 (perché?), non hanno praticamente vincoli di orario (perché?), non hanno termini perentori (perché?), non rispondono mai dei propri errori (perché?), rinviano le cause a proprio piacimento e senza nemmeno avvisare le parti (perché?). L’elenco potrebbe essere infinito.Per non parlare dell'incubo dei pubblici ministeri, selezionati male, litigiosi più degli avvocati e che mancano totalmente di tersietà: godono di un potere esagerato che solo il popolo potrebbe dare.
Il terzo, importante, è un sistema processuale dispendioso, incerto, inefficiente. Il legislatore invece di riformarlo definitivamente lo tampona, lo modifica ogni 2/3 anni, lo rappezza. Dunque lo peggiora.
Il quarto motivo, è certo l’abuso del processo che è imputabile: a) all’eccesso di litigiosità degli italiani, per “cultura” e soprattutto per la stessa inefficienza della pubblica amministrazione e a causa dell’incertezza del diritto (legislazione e giurisprudenza sfarfallante); b) pubblici ministeri poco attenti che conducono le indagini come tira il vento, spesso mentalmente poco stabili, che sposano le cause come se fossero avvocati e non magistrati; c) anche all’eccesso del numero di avvocati, che invece di calmierare (facendo emergere i migliori o i più motivati) il Monti style ha deciso di “liberalizzare” distruggendone i principi fondanti. In realtà occorre sottolinearlo, gli avvocati più che sobillare le cause, fanno aprire gli occhi ai soggetti deboli. E in ogni caso non incidono sulla lunghezza del processo (la gestione è del giudice), che anzi subiscono spesso protestando.Quindi invece di dotarsi della medicina per risolvere il male grave, si persiste a lamentarsi. Inutilmente.
Senatore per tre legislature con un consenso che sfiorava il 70 per cento, sindaco per tre volte della città di Rodolfo Valentino con il triplo dei voti presi dal suo partito (il Pci-Pds-Ds) «senza alcun rispetto del dibattito congressuale», come ironizzò Ellekappa in una sua riuscita vignetta, Rocco Loreto, 74 anni, ha speso gli ultimi sedici anni della sua vita a difendersi, rinunciando alla prescrizione, dalle accuse di violenza privata e calunnia per le quali il 4 giugno 2001 venne arrestato dal pm Henry John Woodcock. Rocco Loreto, che ha legato il suo nome a proposte di legge che hanno cambiato la vita a qualche milione di persone — l’abolizione del servizio militare obbligatorio, l’obiezione di coscienza, l’istituzione del servizio civile nazionale, l’autonomia dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza —, aveva osato presentare un dossier all’allora ministro della Giustizia, Piero Fassino, al Consiglio superiore della magistratura e al procuratore generale della Corte di Cassazione, su un magistrato della procura di Taranto, il pm Matteo Di Giorgio, anch’egli di Castellaneta, accusandolo di esercitare le sue funzioni in maniera distorta, poiché «quasi ogni giorno mandava la Digos e i carabinieri in municipio per sequestrare atti su atti senza alcun fondato motivo, cercando così di determinare la vita politica del Comune di Castellaneta».
L’arresto
Il dossier di Loreto parlava anche del Di Giorgio «privato», che non si faceva problemi, per esempio, a «far eseguire lavori nella villa della propria moglie del valore di circa 60 milioni di lire da Francesco Maiorino, un noto imprenditore locale». Toccare un magistrato? Prudenza. «Il compianto Loris D’Ambrosio, segretario di Fassino — racconta Loreto —, mi confidò che aveva consigliato lui al ministro di non procedere, per evitare che si parlasse di “soccorso rosso” di un ministro nei confronti di un sindaco e senatore del suo stesso partito». Ma nemmeno il Csm e la procura generale della Cassazione si mossero. Quasi un via libera per il pm Di Giorgio, che alcuni giorni dopo la presentazione del dossier da parte di Loreto fa arrestare mezza giunta comunale di Castellaneta e da accusato diventa l’accusatore del senatore. Sul proprio cammino di «giustizia», Di Giorgio trova un altro magistrato, Woodcock, pm a Potenza, che gli crede e fa arrestare Loreto, senza mai averlo prima interrogato di persona. Casualmente, l’arresto avviene il primo giorno utile dopo l’insediamento delle nuove Camere, quando Loreto non gode più della immunità parlamentare, e casualmente la scena dell’arresto — alle 7 del mattino, con Loreto fra sette carabinieri — viene ripresa dal teleobiettivo di un fotografo appostato sulla terrazza della palazzina di fronte a casa sua. Sedici anni dopo, il legno storto della falsità comincia a essere raddrizzato.
L’assoluzione 16 anni dopo
Nel dicembre scorso, il pm Di Giorgio è stato condannato in secondo grado a 12 anni e mezzo di reclusione per corruzione in atti giudiziari e concussione e messo fuori ruolo come magistrato. Mentre il 26 maggio scorso per Loreto arriva la sentenza di primo grado che lo assolve con formula piena. «Sono stato sbattuto in cella con un ergastolano e due condannati per omicidio e spaccio di droga — ricorda Loreto —. Ho trascorso quattro giorni e quattro notti facendo lo sciopero della fame e della sete. Poi, 11 giorni ai domiciliari». Quando Loreto torna a Castellaneta, dopo il carcere a Potenza, trova ad attenderlo una folla di centinaia di persone, che con una fiaccolata lo porta in corteo da casa al municipio. «Woodcock lo ricordo durante l’interrogatorio di garanzia, l’unico, che mi ha fatto in carcere e poi durante la sua requisitoria a conclusione di ben 20 udienze preliminari — dice l’ex senatore —. Nei miei confronti lo sentivo accanito, quasi violento, era arciconvinto della mia colpevolezza». Scuse, dopo? «Mai, nemmeno una parola». A parte i suoi concittadini e i suoi amici e colleghi, nessuno le ha creduto in tutto questo tempo? «No, sono stati in tanti a credermi. Tra questi, fra i primi e mentre ero ancora “fresco di galera”, un certo Sergio Mattarella, che è venuto a fare un comizio per me. Cosa di cui gli sarò sempre grato». Politicamente però… «Un’esecuzione. Un killer non avrebbe saputo far meglio. Ma la vita continua, ora sto lavorando a una storia del brigantaggio, tema che mi appassiona
Raffaele Sollecito non si ferma più. Dopo l’assoluzione per l’omicidio Meredith, cita in giudizio pm, giudici e giurati. La richiesta di risarcimento è di 3 milioni
La richiesta di risarcimento è di 3 milioni
Raffaele Sollecito fa ancora parlare di sé. E così, come racconta oggi Repubblica, a dieci anni da uno dei casi di cronaca nera più controversi che sconvolse Perugia e non solo – l’omicidio di Meredith Kercher – va in scena l’ultimo capitolo: Sollecito infatti aveva avviato una richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione (è stato quattro anni in carcere, prima di essere assolto con formula piena) che, però a febbraio gli è stata respinta. Nessuno sapeva che avesse citato in giudizio, in base alla nuova legge sulla responsabilità civile dei magistrati, nove tra pubblici, ministeri procuratori generali, giudici delle indagini preliminari e giudici di corte d’assise e corte d’assise d’appello chiedendo un risarcimento – si parla di una cifra attorno ai tre milioni – per aver travisato fatti, circostanze e prove relative all’omicidio di Meredith Kercher.
Non solo. Sollecito ha citato in giudizio anche i 12 giurati popolari della Corte di Assise di Perugia e di quella di Assise di Appello di Firenze, ma su di loro l’ultima parola spetta oggi al giudice Pietro Spera al quale è stata affidata la causa. Sarà lui, oggi, a decidere se coinvolgere nella citazione anche i 12 giurati o no.
La causa è radicata nel capoluogo ligure – spiega ancora Repubblica – perché gli ultimi giudici ad aver condannato Sollecito sono quelli della Corte di Appello di Firenze, e per processi in cui siano coinvolti magistrati toscani il tribunale competente è quello di Genova.
Formalmente, in aula è stata citata la Presidenza del Consiglio in rappresentanza dei giudici. A difenderla ci sarà l’Avvocato dello Stato Giuseppe Novaresi. Ma in caso di condanna si rivarrà nei confronti dei pm e giudici citati dallo stesso Sollecito.
Consip, il pm Woodcock indagato dalla Procura di Roma
Il procedimento è del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi.
Il pm Henry John Woodcock è stato indagato per rivelazione del segreto d’ufficio nell'inchiesta Consip.Il procedimento è del procuratore aggiunto Paolo Ielo e del sostituto Mario Palazzi, che hanno formalizzato l'iscrizione del magistrato della Procura di Napoli. Intanto oggi è previsto l'interrogatorio del vice capo del Noe Alessandro Sessa, indagato di depistaggio. Per la presunta fuga di notizie riservate relative all'inchiesta Consip, insieme al pm Woodcock è indagata dalla procura di Roma anche la giornalista Federica Sciarelli, nota conduttrice del programma televisivo “Chi l'ha visto?”. Alla cronista è stato anche sequestrato il telefono cellulare. Materialmente secondo gli inquirenti sarebbe stata lei a passare le notizie al Fatto quotidiano. «Non posso aver rivelato nulla a nessuno - ha detto Federica Sciarelli - semplicemente perché Woodcock non mi svela nulla delle sue inchieste, tantomeno ciò che è coperto da segreto».
L’accusa
L’ipotesi - tutta da verificare - per Woodcock è che avrebbe passato quindi informazioni alla stampa attraverso la compagna quando a dicembre scorso il procedimento è stato trasferito dalla Procura di Napoli a quella di Roma. «Ho assoluta fiducia dei colleghi della Procura di Roma», spiega il pm Woodcock. «Sono certo - ha aggiunto - che potrò chiarire la mia posizione, fugando ogni dubbio e ombra sulla mia correttezza professionale e personale. Non nego, tuttavia, di essere molto amareggiato e che questo per me è un momento molto difficile».
Fuga di notizie
L’inchiesta conta due diversi procedimenti per fuga di notizie: quello in cui è indagato Woodcock e quello in cui sono coinvolti i vertici dell’Arma. L’ipotesi su questo ultimo fronte è che avrebbero allertato i vertici di Consip - l’ad Luigi Marroni e il presidente Luigi Ferrara - che la Procura di Napoli stava indagando sugli interessi illeciti dell’imprenditore Alfredo Romeo nella Centrale acquisiti della Pubblica amministrazione. Ma andiamo con ordine.
L'interrogatorio di Sessa
Stando alla Procura, il colonnello Sessa avrebbe sviato l'indagine finalizzata a “tracciare” gli autori della fuga di notizie all'interno dei carabinieri. In particolare, «nella sua qualità di ufficiale in servizio presso il comando carabinieri Tutela ambiente di Roma, vice comandante preposto all’articolazione di polizia giudiziaria delegata alle indagini in relazione alla vicenda Consip» avrebbe detto il falso per «sviare l'indagine relativa all'accert¬amento degli autori mediati e immediati della violazione del segreto a favore de¬gli amministratori Consip».
«Mi ha chiamato Woodcock»
Il militare, superiore del capitano Gianpaolo Scafarto, è stato già ascoltato l’8 giugno scorso. Tuttavia il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il sostituto Mario Palazzi intendono chiarire alcuni passaggi rimasti ad oggi oscuri e che riguardano sms che Sessa e Scafarto si sono scambiati. In particolare, il 23 settembre 2016 Scafarto scrive al suo superiore: «Mi ha chiamato H (pm Henry John Woodcock, ndr) . Cose brutte. Poi le dico (...)». Il giorno seguente, il 24 settembre, Sessa scrive a Scafarto: «Sono stato mezz'ora al tel col doctor (pm di Napoli Henry John Woodcock, ndr)». «Problemi?», chiede Scafarto, «tra un po' - dice Sessa - ti chiamo e ti dico (...) oltre alle arance anche i limoni».
Sms criptici
I pm hanno già chiesto conto del contenuto di questi messaggi, ritenuti criptici. In particolare hanno voluto capire quali fossero queste «cose brutte» che sarebbero emerse in un incontro tra Scafarto e Woodcock. Al riguardo Sessa non ha saputo, o voluto, dare una spiegazione specifica, tanto da «avvalersi della facoltà di non rispondere». L’unica cosa che ha voluto puntualizzare è stata la telefonata avuta col pm di Napoli. «Ricordo tale telefonata nel corso della quale il dottor Woodcock si lamentò della sciatteria del capitano Scafarto e dei suoi continuis postamenti tra Roma e Napoli. Mi chiese di insistere per altri uomini e non mi parlò né all¬ora né mai del problema delle fughe di notizie».